Lettura e comprensione di un testo
Di seguito riportiamo un articolo dedicato al processo sulla strage di Ustica apparso su "il manifesto"- un quotidiano italiano - del 1 maggio 2004. www.ilmanifesto.it
Prova a spiegare il significato delle parole ed espressioni segnate in blu
Per saperne di più sull'argomento visita il sito www.mclink.it/personal/MC9494/ustica.htm
Strage di Ustica, tutti assolti
Nessuna condanna per i generali. Grazie alla prescrizione
di Sara Menafra
Assolti. Due generali, Lamberto Bartolucci e Franco Ferri, perché il reato è caduto in prescrizione e due, Zeno Tascio e Corrado Melillo, perché probabilmente gli elementi a loro carico non erano sufficienti. Non ci sono le motivazioni ma sembra già una sentenza scandalosa, perché per l'ennesima volta nessuno viene condannato per la strage di Ustica, costata la vita a 81 persone che si trovavano a bordo di un aereo civile abbattuto. E invece, dopo ventiquattro anni di battaglie per ottenere la verità su quanto accadde la notte del 27 giugno del 1980, i familiari delle vittime e i loro legali si dicono soddisfatti dell'esito del processo. "Non è un sorriso a denti stretti. Sapevamo che la prescrizione era realisticamente uno degli scenari migliori a cui poteva portare questo processo", spiega l'avvocato Alessandro Gamberini, legale dell'associazione dei familiari delle vittime. E' lui a chiarire che nonostante la prescrizione per la prima volta un tribunale ha stabilito che i generali che nascosero gli elementi fondamentali che avrebbero potuto portare a capire cosa davvero accadde sul cielo di Ustica sono colpevoli di alto tradimento. Il capo dello stato maggiore dell'aeronatutica, Bartolucci, e il sottocapo Ferri, avevano "rappporti immediati con il ministero delle difesa", come ha spiegato il pm Rosselli al momento della requisitoria dello scorso dicembre. Almeno loro avrebbero dovuto dire che sui tracciati radar dell'aeronautica c'erano le prove della presenza di altri aerei nelle immediate vicinanze del Dc9 dell'Itavia. E invece non lo fecero. Per questo sono colpevoli di alto tradimento "commesso con atti diretti a turbare le attribuzioni del governo", come si legge nel dispositivo firmato dal presidente della terza corte di assise di Roma, Giovanni Muscarà. "Turbare" e non "impedire" come avevano sostenuto i magistrati dell'accusa, Erminio Amelio, Maria Monteleone e Vincenzo Rosselli, che avevano chiesto una condanna a sei anni e nove mesi (di cui quattro condonati). Il tribunale ha deciso per l'ipotesi meno grave - le motivazioni si avranno solo nei prossimi giorni - e a ventiquattro anni dai fatti il reato è caduto in prescrizione. Un riconoscimento che non è solo politico.
Grazie alla prescrizione, infatti, le famiglie di quegli 81 passeggeri che per lo stato italiano sono "morti in mare" potranno finalmente aspirare a un risarcimento, forse prima ancora che si concluda il processo in sede civile. "E' quasi il massimo che ci si potesse aspettare dal tribunale" dirà Daria Bonfietti presidente dell'associazione partenti delle vittime, con una serenità che non scalfisce neppure il ministro Carlo Giovanardi quando esulta sostenendo che sono stati "spazzati via anni di infami speculazioni sulla lealtà dei comandanti della nostra aeronautica militare, sottoposti ad un vero e proprio linciaggio mediatico destituito di ogni fondamento".
Una vittoria, dunque. Ma una vittoria a metà. Perché quello che successe la notte del 27 giugno 1980 lo sanno tutti, ma nessun tribunale in Italia è ancora riuscito a metterlo nero su bianco. Alcuni elementi erano nella sentenza di rinvio a giudizio con cui il giudice Rosario Priore ha concluso nel 1999 l'inchiesta arrivata in aula nel 2000. Seimila pagine che hanno cancellato dalle aule dei tribunali la tesi del "cedimento strutturale" circolata per anni tra uffici giudiziari e commissioni di inchiesta politiche. Che il Dc9 sia rimasto vittima di un attacco diretto a Gheddafi l'ha spiegato più volte lo stesso diretto interessato, salvo poi sfuggire a ogni richiesta da parte dei magistrati italiani. La dinamica di quanto accaduto sopra al tratto di mare in cui si sparpagliarono i resti dell'Itavia non è però mai stata chiarita. Neppure in tre anni di processo è stato possibile dimostrare la tesi che nella battaglia fosse coinvolto il mig libico trovato il 18 luglio del 1980 in Aspromonte, su cui si basava la ricostruzione di Priore. Caduta quell'accusa, è precipitata anche l'originaria accusa per tutti gli imputati di aver fornito informazioni false o reticenti ai magistrati sul ritrovamento dell'aereo.